Dai politici e dai loro media veniamo a sapere che nel nostro Paese ci sono sempre più poveri. Sempre dai media, ma anche da esperienze dirette, sappiamo che ci sono sempre meno attività produttive, che quelle presenti sono in difficoltà e devono licenziare, che, senza essere “poveri”, decine di milioni di persone vivono in condizioni economiche difficoltose.
Le soluzioni proposte, e spesso neppure realizzate, dai governanti sono:
– aiutare i poveri con qualche euro al mese;
– aumentare alcune tasse con l’obiettivo di reperire soldi per nuovi investimenti pubblici;
– ridurre altre tasse per incentivare gli imprenditori privati a investire di più e i cittadini a spendere di più;
– combattere l’evasione fiscale.
Soluzioni che non portano a migliorare questa recessione che dura da decenni.
Sarebbe necessario, anzi indispensabile da molti decenni, rendere tutto il Paese più efficiente e competitivo.
Come? Grazie a servizi pubblici, burocrazia, infrastrutture, giustizia, pubblica sicurezza, scuola, ricerca scientifica, ecc. Servizi ben funzionanti che possano incentivare gli investimenti, quindi le attività, e garantire più lavoro, più soldi e più benessere economico per tutti. Progresso invece di recessione!
Al punto in cui siamo, sarebbe un’impresa gigantesca che significherebbe:
– reperire enormi capitali (quindi tasse) da investire;
– intaccare, se non eliminare i privilegi e gli interessi di molte categorie di persone e/o di lavoratori e di soggetti e gruppi potenti;
– eliminare gli sprechi;
– stabilire nuove leggi che stravolgano i diritti, i doveri e i comportamenti di tutti, e per primi, dei governanti con pene severissime se non realizzano onestamente quanto deciso.
Decisioni di questa portata chi ha il diritto, l’interesse e la volontà di prenderle? E chi può imporre la sua volontà a tutti? I parlamentari non hanno alcun potere; i capi dei partiti non hanno convenienza; i potenti dell’economia non hanno interesse e meno che mai chi gode di privilegi!
Decisioni di tale importanza possono essere prese solo con il consenso di una larga maggioranza di cittadini.
Quindi attraverso un referendum che, oggi, è l’unico strumento istituzionale che permette ai cittadini di esprimere la loro volontà.
Non credo che un giorno i governanti organizzeranno un referendum per migliorare radicalmente il nostro Paese. Però so che ogni giorno ci sono mille problemi che i politici promettono e garantiscono di risolvere, e che, invece, si aggravano. Anche per questi sono necessarie decisioni che vadano contro gli interessi di taluni. Solo ai cittadini conviene prendere alcune decisioni e imporle a tutti senza la paura di perdere la “poltrona” o il sostegno di questo o quel potente e senza il rischio di corruzione.
Ci sono, dunque, due possibilità d’intervento: continuare con i soli politici a decidere per tutto e per tutti, con tante promesse e con i risultati che sappiamo; oppure estendere ai cittadini il diritto di partecipare alle decisioni di governo.
La strada da intraprendere è quella della consultazione popolare: un referendum-sondaggio continuo che garantisca soluzioni ai problemi e consenta ai cittadini di comunicare la loro opinione e volontà, di conoscere quella di tutti gli altri e di farla conoscere ai governanti.
L’obiettivo?
Soddisfare le richieste degli elettori/cittadini e impedire che le decisioni dei politici favoriscano gli interessi di pochi!
Come?
Attraverso una consultazione popolare che non richieda di doversi recare ogni volta alle urne, ma da effettuare, comodamente, dovunque ci si trovi, grazie ai telefoni cellulari, ai computer e a internet.
Di cosa stiamo parlando?
Della Demotelematocrazia.
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